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Novità

Di seguito un argomento che non rappresenta una novità, ma che è sicuramente molto attuale: la responsabilità amministrativa delle società e degli enti.
Il nostro studio
è specializzato nel fornire consulenza su questo tema.


La responsabilità amministrativa delle società e degli enti ex D.Lgs. 231/2001

Tale decreto impatta in modo significativo sulla gestione e sull’organizzazione dell’impresa, in quanto
prevede pesanti sanzioni anche a carico delle persone giuridiche per le condotte penalmente
rilevanti commesse da persone fisiche legate all’ente stesso.

I destinatari della nuova disciplina
Ai sensi dell’art. 1, d.lgs. 231/2001, la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche si applica agli enti forniti di personalità giuridica, alle società ed alle associazioni, anche prive di personalità giuridica. Alla luce degli ultimi interventi giurisprudenziali si evidenzia che il ventaglio dei potenziali destinatari si è ampliato. Sono da considerarsi soggetti destinatari:

  • le società di persone e di capitali, le società cooperative;

  • le associazioni con o senza personalità giuridica;

  • gli enti appartenenti al c.d. terzo settore (es. fondazioni);

  • le società partecipate da enti pubblici;

  • le imprese individuali;

  • gli studi professionali in forma societaria;

  • le banche;

  • i gruppi di imprese.

Sono esclusi dall’ambito applicativo del decreto lo Stato, gli Enti pubblici territoriali, gli Enti pubblici non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (es. sindacati).

La responsabilità dell’ente e le sanzioni introdotte
La società è esposta ad una responsabilità diretta in relazione a taluni reati commessi dai soggetti in posizione apicale (amministratori, direttori generali), dai dipendenti e dai collaboratori, anche esterni nell’esercizio delle varie attività d’impresa. In tal modo, parallelamente alle sanzioni penali previste per chi ha commesso il reato, il decreto 231 prevede una serie di misure sanzionatorie che colpiscono direttamente la società, anche se quest’ultima non ha materialmente commesso alcuna condotta illecita (cosiddetta “colpa di organizzazione”). In particolare, sono state previste delle sanzioni
pecuniarie che, in base ad un peculiare calcolo per quote, variano da un minimo di circa € 25.000 ad un massimo di € 1.549.000.
Tali sanzioni sono dunque già perfettamente idonee a colpire duramente anche la società più florida.
Unitamente (ed in aggiunta) a tali sanzioni pecuniarie, vengono disposte anche sanzioni interdittive, espressamente progettate per paralizzare l’operato dell’ente responsabile ed escluderlo da ogni futura attività economica. Infatti, tali sanzioni possono consistere nell’interdizione dall’esercizio dell’attività; nella sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; nel divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; nell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi o nell’eventuale revoca di quelli già concessi; nel divieto di pubblicizzare beni o servizi. Sono infine previste le sanzioni della confisca del prezzo o del profitto del reato e della pubblicazione della sentenza.
L’organo giurisdizionale competente ad instaurare il giudizio nei confronti dell’ente è il Giudice penale secondo le norme del Codice di Procedura Penale, con l’inevitabile conseguenza che la richiesta di applicazione di tali sanzioni verrà avanzata dal Pubblico Ministero, secondo parametri e procedure squisitamente penalistiche.

Le condotte criminose ed i soggetti responsabili
La società è esposta, dunque, al rischio di rispondere con il proprio patrimonio e con la propria attività per i reati commessi dai soggetti ad essa legati. A tal riguardo, il legislatore ha predisposto un ventaglio molto ampio sia delle fattispecie criminose idonee a costituire una responsabilità per la società, sia dei soggetti ad essa legati che fanno scattare tale responsabilità.
Sotto il primo profilo, attualmente possono essere fonte di responsabilità per l’ente i seguenti reati, quando questi siano commessi a suo vantaggio:

  • art. 24 (Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico oil conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di unpubblico)

  • art. 24 (Delitti informatici e trattamento illecito di dati)

  • art. 24 (Delitti di criminalità organizzata)

  • art. 25 (Concussione e corruzione)

  • art. 25 (Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti odi riconoscimento)

  • art. 25 (Delitti contro l’industria e il commercio)

  • art. 25 (Reati societari)

  • art. 25 (Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico)

  • art. 25 (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili)

  • art. 25 (Delitti contro la personalità individuale)

  • art. 25 (Abusi di mercato)

  • art. 25 (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro)

  • art. 25 (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza)

  • art. 25 (Delitti in materia di violazione del diritto d’autore)

  • art. 25 (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci’autorità giudiziaria)

  • art. 25 (Reati ambientali)

  • art. 25 (Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare).

Secondo un secondo profilo, il legislatore considera quale soggetto legato all’ente non solo chi ricopre all'interno una carica di responsabilità (ad es.: amministratore) ma anche chi svolge in essa’attività molto più limitata e circoscritta (il dipendente e, addirittura, il collaboratore esterno) o la persona che esercita o che concorre nell’esercitare, anche di fatto, la gestione ed il controllo dell’ente.

Le cause di non punibilità: il modello
A fronte di tale panorama normativo, il legislatore ha introdotto una specifica causa di non punibilità a favore dell’ente, costituita dalla corretta ed idonea adozione e attuazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo. Tale documento, che assume la forma di un atto interno dell’ente approvato con delibera del C.d.A., deve racchiudere una serie di norme operative ed organizzative in grado di prevenire la commissione di reati da parte dei soggetti sopra indicati. In tal modo, dunque, l’ente si può proteggere dalle condotte illecite dei propri collaboratori o dipendenti. Tuttavia, è necessaria una duplice attenzione: il modello deve essere, in primo luogo, astrattamente in grado di prevenire la commissione di reati e, in secondo luogo, deve essere correttamente ed efficacemente applicato dall’ente. Visto sotto un altro profilo, ciò significa che la commissione di reati, da parte dei soggetti menzionati, è possibile soltanto mediante una violazione fraudolenta di detto modello.

L’importanza dell’adozione del modello
Il normativo in esame è entrato in vigore nel 2001 ed è stato concretamente utilizzato da numerosi Tribunali, i cui Pubblici Ministeri hanno in più casi proceduto a chiedere la condanna dell’ente, il cui dipendente era stato imputato di uno dei reati sopra descritti. Ciò significa, dunque, che i Tribunali sono decisamente sensibili a tale problematica e non esitano a censurare le omissionidell’ente. Il vantaggio di un’adozione preventiva del modello è, dunque, legato alla possibilità di esimersi dalla responsabilità derivante dalla commissione di reati ad opera di amministratori e dipendenti. È opportuno evidenziare che, in caso di mancata adozione del succitato modello 231, recenti sentenze attribuiscono responsabilità dirette all’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 2392 c.c., per culpa in vigilando.

Modalità di redazione del modello e condizioni di esonero

L’adozione del modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001 rappresenta un’opportunità per ottimizzare e formalizzare le procedure aziendali nell’ottica di una nuova governance societaria.
Per poter essere ritenuto idoneo dall’autorità giudicante, il modello 231 deve essere redatto “su misura” e in grado di prevenire il rischio di commissione dei reati contemplati.
Di seguito vengono elencati gli steps di redazione di tale modello:

  • check up aziendale;

  • valutazione Sistema di Controllo Interno (SCI);

  • identificazione attività e processi aziendali;

  • individuazione fattori di rischio;

  • mappatura aree a rischio reato e processi “sensibili”;

  • valutazione del rischio reato;

  • definizione principi generali e “specifici protocolli” di controllo.

A ciò va aggiunto che l’ente non è responsabile se ha attribuito il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne l’aggiornamento ad un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.



Fonte: "La responsabilità amministrativa delle società e degli enti ex d.lgs. 231/2001. Gli ambiti di intervento del commercialista." Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Settembre 2012




 
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